È scomparso ieri, tra lo sgomento dell’intera comunità sociologica, Franco Rositi

Tutta AIS partecipa al lutto della famiglia, dei tanti allievi e colleghi che lo hanno conosciuto e ne hanno apprezzato l’acume e l’intelligenza critica, nel ricordo indelebile della sua figura e del suo contributo alla sociologia ed alla metodologia della ricerca sociale nel nostro Paese.

Franco Rositi è stato professore emerito dell’Università di Pavia. Nato il 2 agosto 1938, si era laureato in Lettere classiche ed aveva conseguito il diploma alla Scuola Superiore di Comunicazione presso l’Università Cattolica di Milano. Ha insegnato Sociologia urbana, Metodologia delle scienze sociali e Sociologia nelle Università di Milano, Bari e Torino, prima di giungere a Pavia, nel 1990, chiamato dalla Facoltà di Economia a insegnare Teoria sociologica. Nell’Ateneo pavese è rimasto per oltre vent’anni, promuovendo iniziative che hanno contribuito a qualificare Pavia come sede di progetti di rilievo nazionale e internazionale. In particolare, tra il 1994 e il 1997, Franco Rositi ha ideato e promosso il progetto dello IUSS ­– che è stato riconosciuto fra le istituzioni universitarie speciali come la Scuola Normale di Pisa – dirigendone poi, dal 1997 al 2005, la Scuola Universitaria Superiore. Negli anni di gestazione di questo progetto, Rositi ha fondato e diretto il noto Osservatorio radiotelevisivo di Pavia, per il quale ha ricevuto il Premio Saint-Vincent nel 1996. È stato altresì Preside della Facoltà di Economia e in tale ruolo ha, fra l’altro, ideato e organizzato per quattro anni consecutivi la «Conferenza annuale sulla Legge Finanziaria».

L’impegno di Rositi a sostegno della sociologia e delle scienze sociali nell’università italiana è solo uno degli aspetti in cui si è espressa la sua inesauribile passione scientifica, testimoniata, oltre che da numerose pubblicazioni di rilievo, anche da importanti attività editoriali, quali la fondazione della collana Metodologia delle scienze sociali,  diretta da Alberto Marradi; la partecipazione fin dal momento fondativo a L’indice dei libri, di cui ha poi promosso l’inserto trimestrale L’indice della scuola; la direzione della Rassegna italiana di sociologia nel triennio 1983-1986, del cui Comitato scientifico ha fatto parte per quasi un quarantennio a partire dal 1973; la collaborazione a Questitalia, in qualità di coordinatore della redazione milanese ed a Il Lavoro dell’informazione, di cui è stato fondatore con Aldo Marchetti e direttore.

Sin dalla fondazione della Associazione accademica dei sociologi italiani, nel 1982,  ha promosso la costituzione della Sezione di Metodologia, che è stata la prima ad essere istituita all’interno dell’AIS. Ne è stato il secondo coordinatore, dopo Paolo Ammassari, dal 1990 al 1993 e poi, nuovamente, ha coordinato il Direttivo della Sezione dal 1999 al 2002, lasciando un ricordo indelebile in più generazioni di studiose e studiosi, per la passione e la generosità con cui coinvolgeva e si faceva coinvolgere nell’affrontare le tematiche più sfidanti.

A questo impegno di natura accademico-disciplinare o cultural-politica, Rositi ha unito responsabilità istituzionali e di organizzatore culturale: fra l’altro, la partecipazione a eventi e progetti culturali, quali il progetto e il coordinamento del grande convegno internazionale della Fondazione Olivetti su informatica e società (Courmayeur, 1971), la partecipazione alla realizzazione della mostra tematica Cronografie (la Biennale, Venezia 1981) e di quella Il limite svelato (Mole Antonelliana, Torino 1983); la presenza nel Consiglio di Amministrazione del Piccolo Teatro di Milano dal 1990 al 2001, per tre anni in qualità di vice-Presidente e nel 1997 quale Presidente; la costante presenza nell’Istituto Gemelli-Musatti per la ricerca sulla Comunicazione, di cui è stato infine Presidente dal 2005 al 2010.

Fra le sue pubblicazioni, si segnalano: Cultura di massa e comportamento collettivo, Il Mulino, 1968 (con Galli); Contraddizioni di cultura, Guaraldi, 1971 (nel 1974 l’editore Gili di Barcellona ha raccolto in un unico titolo parti di questi due volumi: Historia y teoria de la cultura de masa, un testo adottato in varie università in Spagna e in America latina); La politica dei gruppi (a cura di), Comunità, 1970; Analisi del contenuto come interpretazione, Eri, 1971; Razionalità sociale e tecnologie dell’informazione (a cura di), 3 voll., Comunità, 1973; Informazione e complessità sociale, De Donato, 1978; Mercati di cultura, De Donato, 1982; I modi dell’argomentazione e l’opinione pubblica, Eri, 1982; La ricerca sull’industria culturale (a cura di), La Nuova Italia, 1992 (con Livolsi); Sulle virtù pubbliche. Cultura comune, ceti dirigenti, democrazia, Bollati Boringhieri, 2001. Nel 2013 ha curato La ragione politica. I discorsi dei leaders politici, vol. I, Liguori, nel quale sono confluiti (così come nel vol. II) i risultati di una ricerca Prin da lui diretta. Nel 2014 ha pubblicato il volume I valori e le regole. I termini della teoria sociologica, Liguori, in cui raccoglie, in alcuni casi con profonde rielaborazioni, una serie di saggi teoricamente convergenti e aggiunge un corposo capitolo sul tema privato/pubblico. Nel 2015 ha pubblicato Sociologia, Egea. Piuttosto critico su alcune nuove modalità di regolazione dell’accademia, era intervenuto in diverse occasioni, facendo sentire la sua opinione dissonante. Negli anni più recenti, aveva aderito con entusiasmo al progetto, promosso da Ambrogio Santambrogio, Paola Borgna e colleghi di diversi Atenei e generazioni, di dar vita a una rivista dedicata soltanto a recensioni, genere caduto quasi in disuso, ma cruciale nel mantenere la vivacità e lo spirito critico. Il primo numero della rivista Indiscipline è uscito nel 2021, con articolo a sua firma, dal titolo “Discutere Weber-Cacciari” che discuteva il volume di Cacciari “Il lavoro dello spirito”.

Per ricordarlo, invitiamo a rileggere l’intervista, a cura di Marita Rampazi, pubblicata sul fascicolo n. 8 della Rivista AIS, Sociologia Italiana. Italian. Journal of Sociology.

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Pubblichiamo un ricordo di Alessandro Cavalli e una nota di Marita Rampazi, sul suo ruolo di innovatore istituzionale nell’Università di Pavia.

 

Photo: Renato Grimaldi

  

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