AIS si fa portavoce del cordoglio della comunità sociologica tutta, di STS Italia, dei tanti colleghi e amici e della famiglia, per l’inattesa e prematura scomparsa di Marina Maestrutti, brillante studiosa nell’ambito degli Science & Technology Studies. Esempio da ricordare – per profondità di pensiero, generosità, stile, semplicità e passione, come modi di esercizio dell’intelligenza e dell’amore per ciò che si fa – a chi si avvicina alla strada in salita del lavoro di ricerca come professione. Grazie, Marina, per essere stata con noi.
La ricordiamo con un breve testo di Rossella Ghigi (Università di Bologna), Federico Neresini (Università di Padova) e Giovanni Semi (Università di Torino) e con un rinvio all’omaggio dedicatole sul sito della Sorbona, l’Università presso cui insegnava e faceva ricerca.
Il 22 gennaio 2021 ci ha lasciati all’improvviso Marina Maestrutti, a soli 52 anni. Nata a Torino, ma friulana d’adozione, Marina si era laureata in Filosofia all’Università di Bologna e aveva in seguito intrapreso la carriera universitaria in Francia, già a partire dal suo dottorato a Parigi X in Epistemologia, storia delle scienze e delle tecnologie, concluso nel 2007. In seguito, Marina è diventata Maître de conférences in Sociologia alla Sorbona di Parigi, conducendo le sue ricerche in particolare con il Cetcopra (Centre d’Etudes des Techniques, des Connaissances et des Pratiques), un gruppo interdisciplinare sullo studio socio-antropologico delle tecniche. Un percorso di ricerca, quello di Marina, tra paesi, discipline e argomenti, in cui tuttavia emerge chiaro l’interesse specifico per tecno-utopie, postumanesimo e transumanesimo, ma anche una profonda cultura teorica e intellettuale. Forse nessuno meglio di Marina stessa può descrivere il filo conduttore del suo cammino. La prima pagina del suo libro “Notre société sera-t-elle nanotechnologique?”, del 2016, ce lo spiega: “Non sono né una fisica, né un’ingegnera. Non lavoro in un laboratorio di scienze dei materiali o di fisica delle particelle… ho una formazione in filosofia della storia teoretica e morale, una tesi di dottorato in epistemologia (filosofia e storia delle scienze) e da anni il mio campo di ricerca e insegnamento è quello della sociologia, o come viene chiamato, quello delle scienze umane e sociali. Allora, com’è che una sociologa finisce per occuparsi di nanotecnologie? E perché la sociologia o la filosofia dovrebbero interessarsi alle nanoparticelle o ai nanomateriali? Bisogna allora specificare che il mio interesse, fin dai miei studi in filosofia, è stato quello di riflettere sul posto e sul ruolo che attribuiamo alle tecnologie nelle nostre vite individuali e collettive, e più generalmente al senso che diamo all’idea di progresso tecnico”.
Gli interessi di Marina degli ultimi anni spaziavano dagli immaginari delle nanotecnologie, tra narrazioni mitiche e suggestioni del dominio dell’invisibile, promesse di salvezza e minacce apocalittiche, agli studi sui cyborg, emblema “problematico” dello human enhancement e dell’ibridazione uomo-macchina, fino all’uso delle tecnologie nelle disabilità e alle loro implicazioni rispetto al modo in cui costruiamo il corpo e le nostre identità, come testimoniato da un suo recentissimo contributo per la Rassegna Italiana di Sociologia. Dotata di grande curiosità intellettuale e capacità critica, e al contempo di un carattere pacato e paziente, Marina applicava un punto di vista materialista e femminista agli STS, ponendo costantemente il problema del “per chi” e del “come”, per quali corpi e quali poteri, le tecnologie sono pensate, per utilizzare ancora le sue stesse parole. Grande lettrice di libri, Marina oltre ad essere una acuta pensatrice era una persona di grande generosità e altruismo. La sua piccola casa in rue Sainte-Croix la Bretonnerie, nel cuore del Marais, è stata per molti colleghi luogo di convivialità, scambi vivaci, ospitalità.
Per chi ha avuto il piacere e l’onore di conoscerla, arrivare a Parigi significava essere portati da lei in un vortice di mostre, film, rappresentazioni. Dalla danza al documentario, dalla lettura in pubblico al concerto dal vivo, Marina era un’onnivora culturale, che praticava il basso e l’alto senza snobismo, con allegria e una generosità che poche persone hanno di questi tempi.
La sua dipartita, così improvvisa, segna un lutto per i tanti amici e studenti che l’hanno conosciuta – come testimoniano i messaggi di cordoglio postati in occasione delle onoranze funebri. Ma segna un lutto anche per la sociologia italiana all’estero e per gli STS in particolare. Per la comunità STS italiana, infatti, Marina è stata una risorsa preziosa, tanto dal punto di vista della riflessione e della ricerca, quanto da quello umano. La sua presenza è stata fondamentale quando si trattava di affrontare momenti difficili e la sua collaborazione importante anche a livello istituzionale, dando una mano con umiltà e con quel tocco di sana ironia che suggeriva di non prendersi troppo sul serio.
Siamo convinti che il modo migliore per rinnovare la sua memoria, in futuro, sia quello di continuare il suo lavoro dove lo ha lasciato, con la stessa vena critica, la stessa vivacità intellettuale e lo stesso spirito collaborativo. Come scrive Marina stessa, citando Foessel in un suo scritto su De Martino, l’esperienza del mondo è la capacità di rilanciare il gioco, proprio quando si pensa che la partita sia finita. Cercheremo allora di continuare il suo impegno intellettuale, politico e culturale per poter dare un maggior valore al “mondo” più che alla sua “fine”. Ricordandoti, Marina, proveremo a fare come scrivi tu: “penser la fin, mais pratiquer le monde”.